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Mostra Italo Cremona. Tutto il resto è profonda notte al Mart di Rovereto

La Mostra Italo Cremona. Tutto il resto è profonda notte in corso al Mart di Rovereto: gli orari, i periodi, il costo dei biglietti e le opere, la sede espositiva.

Mostra Italo Cremona. Tutto il resto è profonda notte  Rovereto
Italo Cremona. Tutto il resto è profonda notte - Mart, Corso Bettini, 43 - Rovereto

(Foto: Fu Meijun. Wedding dress, 2021)

Mostra in corso dal 28 settembre 2024 al 9 marzo 2025

Il Mart dedica all’opera e all’universo creativo di Italo Cremona una mostra antologica che ripercorre l’intera produzione dell’artista.

Comunicato stampa della Mostra Italo Cremona. Tutto il resto è profonda notte

A cura di Giorgina Bertolino, Daniela Ferrari, Elena Volpato, la mostra è frutto della collaborazione con la GAM di Torino, che ha ospitato la prima tappa del progetto espositivo dal 24 aprile all’8 settembre.

Il notturno è uno dei temi della pittura di Italo Cremona, una condizione espressiva, esistenziale e filosofica che produce sogni, incubi, apparizioni, immagini fantastiche. Tutto il resto è profonda notte è la frase con cui Cremona aveva concluso uno dei testi di Acetilene, rubrica che negli anni Cinquanta firmava per Paragone, la rivista di Roberto Longhi.

Pittore-scrittore, intellettuale poliedrico ed eccentrico, nei dipinti e negli scritti Italo Cremona ha indagato la Zona ombra (titolo di un suo libro edito da Einaudi nella serie bianca dei Coralli): un territorio capiente, dove il buio entra in contatto con la luce attraverso lampi vividi o barlumi; attraverso il chiarore di una lampada ad acetilene (il lume usato un tempo da minatori e speleologi) o la scia di una stella cadente, come nel romanzo distopico La coda della cometa.

Tutto il resto è profonda notte è dunque un titolo-insegna, la chiave scelta per tracciare un percorso espositivo dedicato all’intero arco della pittura di Italo Cremona, dalle prime prove giovanili di metà anni Venti fino alle opere della prima metà degli anni Settanta, dalle nature morte prossime alle atmosfere del Realismo magico alla visionarietà del “surrealista indipendente”, come amava definirsi.

La mostra raccoglie un centinaio di dipinti e una selezione di disegni e di incisioni e documenta la più alta qualità pittorica dell’artista, rileggendo nel presente l’originalità del suo immaginario.

A partire dal nucleo di opere appartenenti alle collezioni del Mart, Composizione con lanterna, 1926 e La Libra, 1929, e della GAM, l’Autoritratto nello studio del 1927, Metamorfosi del 1936-1937 e Inverno del 1939-1940 acquisiti dalla Fondazione Guido ed Ettore De Fornaris, l’antologica conta su una serie di prestiti da musei e prestigiose collezioni pubbliche come i Musei Civici “Luigi Barni” di Vigevano (con Dialogo tra una conchiglia e un guantone da scherma del 1930 e un coeso nucleo di dipinti visionari degli anni Quaranta-Cinquanta), l’Accademia Albertina di Belle Arti e i Musei Reali - Galleria Sabauda di Torino.

Grazie a una ricerca capillare, la mostra presenta numerose opere provenienti da collezioni private e prestiti da istituzioni come il Museo Casa Mollino (Ritratto di Carlo Mollino del 1928), l’Archivio Salvo (Autoritratto giovanile del 1926) e la Collezione Bottari Lattes (Vittoria sul cavallo di gesso, 1939).

Basata sullo studio e la rilettura dei materiali documentari, conservati nel Fondo Italo Cremona all’Archivio di Stato di Torino e in archivi privati, Italo Cremona. Tutto il resto è profonda notte è accompagnata dal catalogo edito da Allemandi, con saggi delle curatrici e un ricco corredo di immagini.

L’iter espositivo segue la progressione cronologica delle stagioni creative di Cremona, enucleando in alcune sale le sue costanti espressive: particolari attenzioni di natura iconografica e di natura poetica sulle quali l’artista si è trovato a tornare più volte.

Una sezione del percorso, eletta a cabinet des folies, è dedicata alla prolungata frequentazione del fantastico, del grottesco e del surreale, con una selezione di dipinti dove la pennellata sembra farsi sempre più esatta e nitida quanto più si avventura nell’espressione del bizzarro.

Nella sala delle facciate la visione si sposta sulle architetture torinesi, un motivo pittorico peculiare, sviluppato dall’artista lungo i decenni: apparentemente deserte d’ogni presenza umana, dipinte in realtà come quinte di un segreto teatro cittadino, le facciate silenziose dei palazzi e delle case alludono sempre a uno spazio ulteriore.

La natura più idiosincratica dell’ampia produzione di nudi è accostata ponendo in evidenza le prove in cui il tradizionale esercizio accademico scivola verso una visionaria produzione di epifanie, apparizioni di alterità, piccole allucinazioni che non distinguono più la realtà del corpo della modella dalla segmentazione pittorica dei suoi dettagli.

Intervallando le immagini oniriche o perturbanti, le armi improprie dei disegni e delle incisioni, con il senso più epidermicamente pittorico del suo operare – con la forza plastica dei suoi anni Venti e Trenta, l’intensità lirica dei suoi anni Quaranta, l’esattezza disegnativa impressa sull’emozione cromatica dei suoi anni Cinquanta – la mostra mette in evidenza gli aspetti più attuali e contemporanei dell’opera di Cremona e della sua figura di intellettuale irregolare, impegnato in numerosi ambiti creativi e affine, nel suo modo insolito di interpretare il Novecento, ad altre figure eccentriche di Torino come Carlo Mollino e Carol Rama.

La mostra si fonda sulla convinzione che il suo insegnamento pittorico e intellettuale abbia lavorato negli anni, nelle generazioni, molto più di quanto non si sia riconosciuto sinora.

Il percorso di mostra nei testi di sala

Specchio

Tutto il resto è profonda notte. Il titolo della mostra, tratto da uno scritto di Italo Cremona, è la chiave per immergersi nella dimensione notturna del suo immaginario surreale.

Artista controcorrente, intellettuale poliedrico, Cremona (Cozzo, 1905 – Torino, 1979) è stato un pittore e uno scrittore, critico e storico dell’arte, scenografo, cineasta. Con più di 120 opere, datate dal 1925 al 1971, l’antologica raccoglie in nove capitoli i temi figurativi, i motivi poetici e le costanti espressive della sua pittura, seguendo il filo cronologico intrecciato alla cadenza dei suoi cicli.

Le prime due sale della mostra sono dedicate alla stagione d’esordio della pittura di Italo Cremona, con dipinti che introducono alcuni dei suoi temi chiave: lo specchio, il doppio, la spoglia. Le opere, datate dal 1925 al 1931, scandiscono il passaggio dalla fase di apprendistato con l’Autoritratto nero, all’attenta costruzione della propria immagine in Autoritratto giovanile. Nel 1927, l’artista si autoritrae nello spazio laborioso dello studio, tra il calco e i gessetti, raddoppiati dallo specchio ben in vista. Altri specchi: nel singolare autoritratto senza volto, delegato alla parte inferiore del corpo.

Nella seconda sala predominano le nature morte e gli interni; l’esterno appare chiuso nel perimetro di un giardino e nell’arena affollata dello show di uno spericolato motociclista in un baraccone di periferia. Una conchiglia dialoga con un guantone da scherma, un oggetto ricorrente che richiama l’attività che Cremona ha praticato da ragazzo, in collegio. Nella natura morta del 1930, l’artista racconta la vita intensa degli oggetti, in un’atmosfera sospesa tra Metafisica e Realismo magico.

Trofei

Le opere di questa e della prossima sala incrociano gli interessi che il pittore condivide con l’ambiente artistico torinese. Nelle nature morte, la lezione di Felice Casorati è visibile nell’impostazione compositiva e in alcune scelte iconografiche (le mele, i busti di gesso, la pagina stampata). Ma l’immaginario di Cremona è un altro. La Libra evoca l’atmosfera di un film noir. Senza distinzioni tra colto e popolare, la pistola e il Borsalino stanno accanto alla scultura e la pagina della rivista letteraria ai fumetti di Buffalo Bill. Le nature morte formano piccoli trofei, accumuli di oggetti come nel dipinto con il murice, opera che rivela già una cifra singolare, un indirizzo autonomo rispetto ai modelli iniziali.

I due paesaggi sono vicini al vedutismo urbano promosso dalla Società Fontanesi; il cappello a cloche del Ritratto di signora è lo stesso dei quadri dei Sei pittori di Torino.

Il pilota è Carlo Mollino. Nel 1928, anno del ritratto, è iscritto ad Architettura mentre Cremona sta concludendo gli studi in Giurisprudenza e ha cominciato a esporre nelle mostre cittadine. Coetanei e amici, i due amano l’arte e le motociclette.

Diventato critico d’arte, Cremona commenta sulle pagine della rivista “Emporium” il nuovo volto di Torino, il rifacimento di via Roma, il grande cantiere che “ha rotto la città”. Nel 1933 dipinge la Torre Littoria, uno scheletro avvolto dalle impalcature.

Spoglie

La pittura di Italo Cremona è disseminata di spoglie, di abiti senza corpi, di involucri che alludono alla perdita, all’assenza. Il tono luttuoso pervade Crisantemi e pistole e Guanti e foglie.

A inizio anni Trenta, Cremona scrive sulla rivista “Il Selvaggio” di Mino Maccari. La redazione torinese è frequentata da giovani intellettuali fascisti, come lui insofferenti alla disciplina di regime. Su quelle pagine, in un articolo del 1932, spiega il lavoro in corso su “pitture a chiave” e “ragionati logogrifi”.

La rete, ovvero il griphos, emblema dell’enigma, compare nella natura morta con la conchiglia e in Pere e mattoni, un rebus senza sillabe. Le scene d’interno sono schermate, ammantate e incorniciate dalle pieghe del drappo giallo in Bacche bianche e in Elementi.

Metamorfosi

La sezione è articolata in tre sale: la prima è raccolta intorno a Metamorfosi (1936- 1937), la seconda intorno ad Ascolto il tuo cuore città (Omaggio a Savinio) (1954), la terza è dedicata alle pistole, le Armi improprie, un ciclo di disegni e incisioni del 1965-1971.

Le metamorfosi nascono nel nuovo studio dell’artista, all’ultimo piano di un palazzo di via Po a Torino. Qui, mette in posa la modella e la testa del cavallo di gesso, oggetto di scena che in questo periodo transita e appare nelle fotografie di Casa Miller, la casa-studio di Mollino. In Metamorfosi, le ali sul dorso delle figure (la modella è una sola) spuntano nel tragitto compiuto intorno al Tavolino da tè, la scultura che il pittore e l’architetto hanno realizzato insieme ed esposto in città nel 1935. Nel Ritratto in atelier, il pittore porta nel suo mondo la moglie Danila Dellacasa, sposata nel giugno 1939. In Inverno, il volto di lei, rivolto alla luce della finestra, si affianca al corpo riflesso di lui, catturato in un frammento specchiante mentre dipinge. Un oggetto scuro e alato, sospeso tra interno ed esterno, incombe come un demone sulla scena, aprendo nel dipinto uno spazio inquieto e surreale.

Nella sala successiva, in Ascolto il tuo cuore città (Omaggio a Savinio), esposto alla Biennale di Venezia del 1954, la metamorfosi si trasforma in una fitta trama di temporalità sedimentate nel perimetro di una piazza torinese. L’atelier come spazio del mistero e delle apparizioni si ripropone nel nuovo studio del pittore, ospitato nella Chiesa di San Michele: vi si aggira una figura alata.

Appartenenti all’ultima stagione della ricerca di Italo Cremona, le pistole testimoniano la continuità figurativa del procedimento metamorfico. Trasformate in oggetti erotici e perturbanti, disinnescate con caustica ironia, le pistole restano attivamente provocatorie e disturbanti.

Golem

Nello studio torinese di via Po, Italo Cremona e Carlo Mollino ricoprono una parete di creta. La creta si secca, si sfoglia. Alcune scaglie cadono sul pavimento. Di fronte a questa parete che muta nel tempo, il pittore mette in posa il suo manichino di legno, trasformandolo in un Piccolo Golem. Il titolo del dipinto e della sala fa riferimento a una figura mitica della tradizione ebraica, il Golem, l’automa d’argilla che compare nella Cabala, nei testi sacri, nella letteratura dal Medioevo al Novecento, sino al cinema espressionista. Il muro screpolato e il manichino ricompaiono in Interno e nello Studio, la tela che ci mostra lo spazio di lavoro dell’artista. L’atelier è il teatro della pittura, nel quale vivono il manichino e la modella, in mezzo agli arredi, i drappi, le pelli, il cavallino di gesso. Nel quadro, Cremona ridipinge alcuni suoi quadri, tra i quali le Finestre del 1939 esposte nella prossima sala.

Quinte

Le architetture torinesi sono un motivo peculiare, sviluppato dall’artista lungo i decenni. All’apparenza deserte d’ogni presenza umana, le facciate sono i fondali di un segreto teatro cittadino, lo stesso che farà da scenario al romanzo distopico La coda della cometa, uscito nel 1968. “Nei miei quadri c’è sempre qualcosa che tappa. Un tappo che chiude”, spiegava Italo Cremona allo scrittore Enzo Siciliano, in un’intervista del 1973.

I dipinti documentano i suoi luoghi: il muro del carcere di San Salvario (demolito nel 1960), nei pressi dell’abitazione di via Madama Cristina; le finestre e il cortile visti dallo studio di via Po; piazza Cavour e le vecchie soffitte; il portone di via Des Ambrois, vicino all’Istituto statale d’Arte che dirige dal 1955; la panchina di via Sacchi, dove risiede negli anni Sessanta.

La figurina di La carne, la morte, il diavolo, dal titolo di un libro di Mario Praz, insiste sul confine capiente tra interno ed esterno.

Corpi

La sala è dedicata al nudo, uno dei motivi ricorrenti nell’iconografia di Italo Cremona.
I dipinti, datati dal 1935 al 1964, mostrano i modi e gli stili con cui l’artista interpreta uno dei generi chiave della storia dell’arte occidentale. Il nudo è il perno di Artemide e Atteone, l’imponente tela che, nel solco della grande tradizione (da Tiziano a Rembrandt), rilegge un racconto della mitologia, riportato nelle Metamorfosi di Ovidio. Secondo il consueto procedimento del quadro nel quadro, il dipinto del 1935 fa da sfondo alla posa della modella di schiena in Nudo col cavallo di gesso del 1940. La ripetizione è alla base di Figure con finestra ovale e poi di Interno con figure, variazione del corpo di un’unica modella in una sequenza di posture. Il dipinto del 1944 anticipa L’alfabeto del 1957: qui, il nudo si fonde al corpo delle lettere, segmentandosi in dettagli. Lontano dalla parete screpolata del Golem, il manichino, ribattezzato Teodoro, riacquista la fisionomia dello strumento da belle arti, fantasma domestico con il quale Cremona declina i suoi dialoghi con la pittura.

Follie

Le opere della sala attraversano vent’anni della pittura di Italo Cremona, rivelandone il filone visionario, nelle forme del sogno, dell’incubo, del macabro. Intellettuale coltissimo, Cremona si dichiarava “surrealista indipendente”. Il suo immaginario figurativo corre in parallelo allo studio della storia dell’arte, all’esplorazione di un “altro Novecento”, ai suoi legami con il Simbolismo, il Liberty, il Gotico.

La famiglia di dipinti ha un capostipite in Specchio del mattino, esposto alla Biennale di Venezia del 1936. Il sipario rosso, a sinistra, incornicia la scena misteriosa, indecifrabile, sospesa tra sonno, morte e sogno. Negli anni Quaranta le pareti delle camere si aprono allo spazio dell’onirico, della fantasia erotica, ciò che accade in L’uccisione del maiale e in Camera a Mera. Esposto alla Biennale del 1954, Caccia all’uomo parla di passato e di presente attraverso una visione pessimistica del mito del progresso.

Apparizioni

La pittura di Italo Cremona è colma di apparizioni, di figure e oggetti inattesi. Nell’ultima sala della mostra, le opere riprendono alcuni dei motivi di natura iconografica e poetica che abbiamo visto ripetersi lungo il percorso dedicato all’intero arco della produzione dell’artista. Torna l’impiego del quadro nel quadro, torna lo specchio, l’abito vuoto, la spoglia. Qualcosa resta indecifrabile, come la presenza della griglia metallica nella Composizione con le molle o il tubo della stufa in L’uccellino azzurro, la tela ispirata all’opera teatrale L’oiseau bleu di Maeterlinck. “Tra oggetto e oggetto, tra persone vere e persone dipinte – scriveva il critico Renzo Guasco nel 1967 – tra ciò che è veduto direttamente e ciò che è riflesso, corre una trama complicata”. Nelle stanze di Cremona, si apre talvolta una finestra a far entrare la luce o a imprigionare l’Aria di Torino in uno specchio sferico

Informazioni utili per la visita

Orari: martedì, mercoledì, giovedì, domenica dalle 10.00 alle 18.00. Venerdì e sabato dalle 10.00 alle 19.30. Lunedi chiuso.
Biglietti: intero 15 €, ridotto 10 € per gruppi, giovani dai 15 ai 26 anni, over 65 anni, gruppi di visitatori di almeno 15 persone; soci o tesserati di enti convenzionati con il Museo; Amici dei musei convenzionati; possessori di Family Card. Famiglie 22 € (la biglietteria chiude mezz'ora prima della chiusura). Gratuito fino ai 14 anni e persone con disabilità.
Info: tel. +39.0464.438887; 800397760
Sito web: Mart

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